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- L'età pensionabile aumenterà in oltre la metà dei 38 paesi OCSE.
- Italia: spesa previdenziale al 16% del PIL, sistema sotto pressione.
- Divario pensionistico donne-uomini: ancora al 23% nel 2024.
per garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici, è necessario innalzare l’età pensionabile e incentivare la permanenza al lavoro dei lavoratori senior. Questo appello giunge in un momento cruciale, con l’invecchiamento demografico che rappresenta una sfida strutturale di portata globale, minacciando la stabilità economica e sociale di molte nazioni.
L’Inesorabile Aumento dell’Età Pensionabile
Il rapporto dell’OCSE dipinge un futuro in cui l’età di uscita dal mondo del lavoro si allontana sempre più. La “normal age”, ovvero l’età considerata ordinaria per il pensionamento, è destinata ad aumentare in oltre la metà dei 38 paesi membri dell’organizzazione. Si prevede che questa età oscillerà tra i 62 anni di paesi come Colombia, Lussemburgo e Slovenia, e i 70 anni o più di Danimarca, Estonia, Italia, Olanda e Svezia. Questo trend, inevitabile di fronte all’allungamento della vita media e al calo delle nascite, avrà un impatto significativo sulle carriere lavorative, richiedendo ai lavoratori di rimanere attivi più a lungo. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico prevede che l’età media di pensionamento, che nel 2024 era di 63,9 anni per le donne e 64,7 per gli uomini che hanno cessato l’attività, si attesterà rispettivamente a 65,9 e 66,4 anni per coloro che hanno iniziato a lavorare quest’anno.

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Il Caso Italia: Un Sistema Sotto Pressione
L’Italia, con una spesa previdenziale che incide per il 16% sul PIL, è al centro dell’attenzione dell’OCSE. La diminuzione della popolazione attiva tra i 20 e i 64 anni, prevista in calo di oltre un terzo nei prossimi 40 anni, mette a dura prova la sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Il segretario generale dell’OCSE, Mathias Cormann, ha messo in evidenza come l’invecchiamento della popolazione rappresenti una sfida strutturale con potenziali ripercussioni significative a livello economico, fiscale e sociale. Le proiezioni indicano che la popolazione in età lavorativa diminuirà del 13% nei prossimi 40 anni, con una conseguente riduzione del PIL pro capite del 14% entro il 2060.
Le Soluzioni Proposte dall’OCSE
Per fronteggiare questa sfida, l’OCSE suggerisce un doppio approccio strategico: elevare l’età effettiva in cui si va in pensione e intensificare la partecipazione degli anziani al mondo del lavoro. Cormann ha esortato i paesi a “ampliare le opportunità di lavoro per i lavoratori più anziani al fine di migliorare la sostenibilità finanziaria dei sistemi di previdenza, garantire la sicurezza economica in età avanzata e promuovere una forte crescita”. In particolare, l’Italia è chiamata a intensificare i suoi sforzi. Sebbene la percentuale di occupati nella fascia d’età 60-64 anni sia raddoppiata dal 2012, raggiungendo il 47%, tale dato rimane comunque inferiore di dieci punti rispetto alla media dei paesi OCSE. Un maggiore coinvolgimento dei lavoratori anziani, secondo l’organizzazione, contribuirebbe a mitigare il previsto decremento della popolazione attiva e il conseguente impatto negativo sulla base contributiva e sulla progressione del PIL.
Divario di Genere: Una Ferita Ancora Aperta
Il rapporto dell’OCSE dedica un ampio capitolo al divario di genere nel sistema pensionistico. Sebbene la differenza media tra donne e uomini in materia previdenziale sia diminuita, passando dal 28% del 2007 al 23% del 2024, la situazione resta sfavorevole per le donne, che percepiscono pensioni inferiori di circa un quarto rispetto agli uomini. Le disparità tra i paesi sono notevoli: in stati come Estonia, Islanda, Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca, il divario è inferiore al 10%, mentre in Austria, Messico e Regno Unito supera il 35%. L’Italia, pur avendo ridotto tale scarto dal 34% al 29% negli ultimi diciassette anni, continua a registrare un divario superiore alla media.
Verso un Futuro Sostenibile: Un Imperativo Morale ed Economico
La sfida posta dall’invecchiamento demografico e dalla sostenibilità dei sistemi pensionistici richiede un approccio olistico e lungimirante. Non si tratta solo di una questione economica, ma anche di un imperativo morale: garantire una vecchiaia dignitosa a tutti i cittadini, senza gravare eccessivamente sulle generazioni future. L’innalzamento dell’età pensionabile e l’incentivazione del lavoro senior sono misure necessarie, ma non sufficienti. È fondamentale promuovere politiche attive del lavoro, investire nella formazione continua e favorire un ambiente di lavoro inclusivo e flessibile, che valorizzi l’esperienza e le competenze dei lavoratori più anziani. Solo così potremo costruire un futuro in cui il sistema pensionistico sia sostenibile, equo e in grado di garantire il benessere di tutti.
Amici, parliamoci chiaro: il tema delle pensioni è un argomento che ci tocca da vicino, che ci piaccia o meno. Pensateci: la vita media si allunga, i giovani fanno meno figli, e il sistema pensionistico rischia di andare in tilt. È come una pentola a pressione che sta per esplodere! L’OCSE ci dice che dobbiamo lavorare di più e andare in pensione più tardi. Certo, non è una bella notizia, ma forse è l’unica strada per evitare il disastro.
Una nozione base da tenere a mente è che il sistema pensionistico si basa su un patto intergenerazionale: i lavoratori di oggi finanziano le pensioni dei pensionati di oggi, con la promessa che i lavoratori di domani faranno lo stesso per loro. Ma se i lavoratori di domani sono meno numerosi, il patto si rompe.
Una nozione avanzata è che la sostenibilità del sistema pensionistico dipende anche da fattori come la produttività del lavoro, il tasso di occupazione e la crescita economica. Se riusciamo a creare un’economia dinamica e inclusiva, con un alto tasso di occupazione e una forte crescita della produttività, allora sarà più facile finanziare le pensioni.
E allora, cosa possiamo fare noi? Possiamo informarci, partecipare al dibattito pubblico e chiedere ai nostri politici di prendere decisioni responsabili. Possiamo anche pensare a forme di previdenza complementare, per integrare la pensione pubblica. E soprattutto, possiamo cercare di vivere una vita sana e attiva, per rimanere in forma e lavorare più a lungo. Perché, alla fine, la nostra pensione dipende anche da noi.
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Cormann ha sollecitato le nazioni a sviluppare maggiori possibilità occupazionali per la forza lavoro più matura. Questo con l’obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria dei regimi previdenziali, salvaguardare la sicurezza economica nella terza età e promuovere una robusta espansione.
Pur avendo visto una diminuzione nel differenziale pensionistico medio tra uomini e donne, che è calato dal 28% del 2007 al 23% del 2024, le donne continuano ad essere svantaggiate, ricevendo pensioni ridotte di circa un quarto rispetto ai colleghi maschi.
Le divergenze tra le nazioni sono evidenti: in paesi come Estonia, Islanda, Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca, il divario è inferiore al 10%, mentre in Austria, Messico e Regno Unito supera il 35%.








